Vediamo cosa dice Wikipedia alla parola brainstorming: “Il brainstorming (letteralmente tempesta cerebrale, semanticamente tempesta di idee) è una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Sinteticamente consiste, dato un problema, nel proporre ciascuno liberamente soluzioni di ogni tipo (anche strampalate o con poco senso apparente) senza che nessuna di esse venga minimamente censurata. La critica ed eventuale selezione interverrà solo in un secondo tempo, terminata la seduta di brainstorming.”

Quando ero ancora una studentessa in erba mi ricordo che ci tenevano lezioni e lezioni sul brainstorming e sul corretto approccio al progetto. Dovevamo educarci a guardare gli oggetti, le scritte, le persone, le immagini, gli spazi, la quotidianità, con un giudizio progettuale creativo (anche se non amo questa parola) proprio che potesse sfondare la mentalità secondo cui A+B può fare solo che invariabilmente e ovviamente C (mentalità, chiedo scusa agli interessati, da “ingegnere”).

Dovevamo iniziare a vincere il pensiero inconscio secondo cui tutta la comunicazione e i servizi preconfezionati che sono stati pensati per me sono l’unica risposta adeguata. Come i piani telefonici della Vodafone che anche se soffri di narcolessia è in grado di fornitori un piano tariffario appositamente studiato per te e le tue fasce orarie.

…”e invece no, cari ragazzi, dobbiamo iniziare ad usare il cervello“. Questo è ciò che ti senti dire dal primo minuto, della prima ora, della tua prima lezione come “creativo”. E il brainstorming risulta davvero fondamentale per iniziare a guardare con stupore tutte le idee e possibilità che improvvisamente si sbloccano.

Una volta superata questa fase “teenager” serve invece uno strumento più valido, un metodo che possa tenere in considerazione sia l’approccio più “esuberante” che quello più oggettivo. Si scopre infatti che il brainstorming presenta dei punti negativi:

  1. se inflazionato rischia di diventare abitudinario e meccanico, non portando più i suoi frutti;
  2. capita di trovarsi a “spararle sempre più grosse” senza che poi ce ne sia un beneficio effettivo in termini di idee;
  3. si rischia di perdere un sacco tempo rispetto ai budget e alle tempistiche a disposizione, dipende molto dalle dimensioni del progetto;
  4. ricordiamoci infine che il cliente spesso è una persona concreta che non vuole le mie “idee alate” (come le chiamava il mio prof) ma le sue risposte concrete.

E’ bene e fondamentale però mantenere una certa freschezza, come quella che genera un brainstorming, non tanto sui singoli progetti ma nel modo di concepire il lavoro della comunicazione in generale. Non è più un interruttore che si accende (brainstorming ON) e che si spegne (brainstorming OFF), ma un flusso continuo che ti porta a pensare sempre, a scrivere sempre, non solo singole idee, ma modi di ragionare, spunti, pezzi di pensieri che possono tornare utili. Così, ho visto, ci costruiamo pian piano il nostro gusto personale e il nostro metodo di lavoro.

Come faccio io per ricercare questa freschezza? Cerco una boccata d’aria tra foto e immagini tra il curioso e l’assurdo che mi ricordano che ci sono ancora infinite possibilità. Come qui sotto.

Quando ero ancora una studentessa in erba mi ricordo che ci tenevano lezioni e lezioni sul brain-storming e sul corretto approccio al progetto. Dovevamo educarci a guardare gli oggetti, le scritte, le persone, le immagini, gli spazi, la quotidianità, con un giudizio progettuale creativo (anche se non amo questa parola) proprio che potesse sfondare la mentalità secondo cui A+B può fare solo che invariabilmente e ovviamente C (mentalità, chiedo scusa agli interessati, da “ingegnere”).

Dovevamo iniziare a vincere il pensiero inconscio secondo cui tutta la comunicazione e i servizi preconfezionati che sono stati pensati per me sono l’unica risposta adeguata. Come i piani telefonici della Vodafone che anche se soffri di narcolessia è in grado di fornitori un piano tariffario appositamente studiato per te e le tue fasce orarie.

…”e invece no, cari ragazzi, dobbiamo iniziare ad usare il cervello“. Questo è ciò che ti senti dire dal primo minuto, della prima ora, della tua prima lezione come “creativo”. E il brain-storming risulta davvero fondamentale per iniziare a guardare con stupore tutte le idee e possibilità che improvvisamente si sbloccano.

Una volta superata questa fase “teenager” serve invece uno strumento più valido, un metodo che possa tenere in considerazione sia l’approccio più “esuberante” che quello più oggettivo. Si scopre infatti che il brain-storming presenta dei punti negativi:

  1.  se inflazionato rischia di diventare abitudinario e meccanico, non portando più i suoi frutti;
  2. capita di trovarsi a “spararle sempre più grosse” senza che poi ce ne sia un beneficio effettivo in termini di idee;
  3. si rischia di perdere un sacco tempo rispetto ai budget e alle tempistiche a disposizione, dipende molto dalle dimensioni del progetto;
  4. ricordiamoci infine che il cliente spesso è una persona concreta che non vuole le mie “idee alate” (come le chiamava il mio prof) ma le sue risposte concrete.

E’ bene e fondamentale però mantenere una certa freschezza, come quella che genera un brain-storming, non tanto sui singoli progetti ma nel modo di concepire il lavoro della comunicazione in generale. Non è più un interruttore che si accende (brain-storming ON) e che si spegne (brain-storming OFF), ma un flusso continuo che ti porta a pensare sempre, a scrivere sempre, non solo singole idee, ma modi di ragionare, spunti, pezzi di pensieri che possono tornare utili. Così, ho visto, ci costruiamo pian piano il nostro gusto personale e il nostro metodo di lavoro.

Come faccio io per ricercare questa freschezza? Cerco una boccata d’aria tra foto e immagini tra il curioso e l’assurdo che mi ricordano che ci sono ancora infinite possibilità. Come qui sotto.